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Quel creolo di 36 anni chiamato Capoverde

Submitted by on 16/07/2011 – 19:40No Comment
Quel creolo di 36 anni chiamato Capoverde

36 anni. Il 5 luglio di 36 anni fa, Capo Verde, dopo oltre mezzo millennio di colonizzazione portoghese ottiene l’indipendenza. In prossimità dell’anniversario il 30 giugno il discopub Café Cretcheu, presso Porta Pia a Roma, gestito da capoverdiani e dedicato alla propria cultura, ha ospitato un dibattito sul libro Capo Verde dall’Indipendenza a oggi – Studi post-coloniali. A cura di Luca Bussotti e Severino Ngoenha è pubblicato da Aviani&Aviani in collaborazione con Time for Africa: una Onlus che, tra le attività, intende dar spazio ad analisi su tutti i Paesi lusofoni del continente.

Dieci autori per dieci capitoli, di cui due in italiano, gli altri in portoghese: spaziano da aspetti storico-antropologici a politica, società ed educazione fino ai movimenti migratori e discriminazioni. L’apertura del volume indaga la figura dello scopritore italiano dell’arcipelago: Antonio da Noli, figura lasciata ambigua da alcune lacune storiche.

Capo Verde … Africa? Se l’Africa è, a ragione o torto, spesso rappresentata come un luogo “oscuro”, arretrato, invece la storia di Capo Verde si distingue per varie ragioni. Tanto che parlando anche solo del periodo post-coloniale si può dire che negli anni ’80 era già notevolmente diversa. Così riferisce Sobrero, docente di Antropologia Culturale alla Sapienza di Roma, che ha studiato l’arcipelago e la sua comunità che conosce da 26 anni.

In realtà persino il colonialismo delle origini trova una condizione molto particolare: quando i portoghesi arrivano a Capo Verde, questo è disabitato: la popolazione tipicamente creola si sviluppa poi, dal mescolarsi di varie etnie, africane ed europee, in specie portoghesi, e sudamericane. Non c’era inizialmente cioè un popolo “indigeno”. È forse anche per questo che Sobrero dice che Cabral, politico rivoluzionario teorizzatore e leader dell’indipendenza capoverdiana riesce a pensare un’ideologia sistemicamente complessa e non banalmente anticoloniale.

Eppure proprio la positiva assenza di una separazione netta di tipo sudafricano bianchi/neri, ha un rovescio della medaglia. Il creolo capoverdiano, risultato di così tante etnie e culture vive una difficoltà identitaria, d’autodefinizione. Sobrero chiarisce: il capoverdiano, abitante dell’arcipelago o emigrato nel mondo, si interroga: non siamo Africa, non siamo Brasile, non siamo Europa. Dunque? Però questa poliedricità, se utilizzata con consapevolezza, è una carta ricca di potenzialità.

Diversa è anche la fonte di ricchezza di questo arcipelago. “Carenza di risorse nel sottosuolo, un mercato comunque ristretto che non permette economie di scala – dice l’ambasciatore Barbosa – nel tempo hanno sviluppato nell’abitante di Capo Verde l’ingegnosità di chi deve trovare altri canali di sostentamento. E alla fine la nostra economia nella macroregione dell’Africa Occidentale, composta di oltre 300 mln di persone, è tra le più dinamiche, più di quella nigeriana.

Vale quindi la pena di interrogarsi sui perché, anche visto che la Nigeria è sì tra le più industrialmente sviluppate del continente, ma poggia il 30% del suo Pil sul petrolio.”
Cosa significa democrazia? Diversa anche la storia politica: da quando il Portogallo va via, Capo Verde riesce a mettere in atto un transito del tutto democratico dal partito unico di stampo socialista al multi partito e oggi è un Paese orgogliosamente democratico. Roselma Evora nel libro descrive questo passaggio così come le molte problematiche che restano aperte.

Sul fronte dell’istruzione Maria José Evora, che modera la tavola rotonda, aggiunge: si propone l’apertura di nuove università a Capo Verde: peccato che solo la Jean Piaget sia pubblica a fronte di sei private. Cioè, ben vengano le università ma garantendo l’accesso base alla comunità.

La capitale Praia, spiega il capitolo di Redy Wilson, vive sviluppo urbanistico sregolato, fuori controllo. Sobrero dice: “Se passi a Praia quel che vedi è una situazione drammatica, più che dal punto di visto strettamente economico dal punto di vista sociale: sembra il Brasile ante Lula. È un quadro difficile anche perché è del tutto nuovo per gli anticorpi di Capo Verde: razzismo, casi di scontri , tossicodipendenze. Una sperequazione che non ha più radici strettamente culturali. Prima o poi andrebbe indagato l’effetto di questi mutamenti così pesantemente materiali su una spiritualità, analoga a quella brasiliana, delicata e forte come quella dei capo verdiani. Comunque non sono un promotore della ‘nostalgia’. I contadini ieri non stavano affatto bene.”

Ostacoli al Muganga Tourism. “Come Time for Africa – dice il presidente della onlus Umberto Marin – promuoviamo il MugangaTourism, il turismo responsabile già in Togo, Kenia, Mozambico. Sono Paesi che vivono una povertà molto più seria di Capo Verde; e che pure forse su questo fronte sono più avanti: nell’arcipelago il turismo produce il 65% del Pil, ma è in mano alle grosse catene. Questo ovviamente non va: ben vengano allora lavori come questo libro che aiutano a capire e progettare. Con Tabanka Onlus stiamo ragionando su possibili soluzioni; anche grazie al digitale, che permette di tener vivi i legami tra comunità della diaspora e chi è restato in patria.

Damiano Gallinari, allievo di Sobrero e dottorando in antropologia culturale con una tesi sugli effetti dello sviluppo turistico a Mayo, Boavista e Sal, isole dell’arcipelago, è autore di Cartoline Capoverdiane, uno dei due capitoli in italiano. “Insiders e outsiders che derivano dall’evoluzione del turismo si ridefiniscono in uno strano gioco di ruoli ribaltati: chi è di Capo Verde è ai margini di economia e società, chi vien da fuori è integrato ed è il principale beneficiario di guadagni. Comunque non credo ci siano solo es. negativi di legami turismo-comunità: Fogo, São Tiago, secondo me presentano una condizione un po’ migliore.”

Prospettive. “L’acqua per agricoltura all’isola di Fogo costa 10 volte quella di São Tiago: per evitare che in futuro le sperequazioni aumentino, come sta ad es. avvenendo ora in Italia, intendiamo promuovere una politica nazionale che parifichi l’accesso ai beni – dice l’ambasciatore – Per far fronte al grande problema della siccità una diga è già funzionante. E sono in opera trattative per costruirne altre: nell’isola di Mayo è prevista la più grande dell’arcipelago. Sul fronte ambientale poi, a São Tiago tra qualche mese avremo il 25% d’energia prodotta da fonti rinnovabili: diventerà lo standard per tutte le isole.

Intervenuti alla presentazioneCerto, da un punto di vista sentimentale, potrei anche dire che qualche perdita c’è stata: sicuramente era diverso. Sta aumentando l’attaccamento ai soldi: prima se davi a un taxista più soldi del dovuto si offendeva; ora non accade più. Da giovane ero ritenuto importante perché ero studente e un buono sportivo e anche quando sono diventato segretario generale degli affari esteri non avevo neanche un’auto … oggi ho l’auto, delle cariche e sono uno sconosciuto.

Eppure va riconosciuto che Praia sta diventando una città moderna e con un futuro. E anche sul turismo sono tutto sommato ottimista. Come governo stiamo dando priorità a programmi dedicati e senz’altro va promosso il coinvolgimento della popolazione.

Chi si pronuncia contro la liberaldemocrazia sostiene che gli occidentali, nel pretendere che si svolgano elezioni democratiche, poi di fatto non rispettino realtà, identità locali e limitino la libertà di scegliere i propri governanti. Eppure non credo che leader come Gheddafi siano gli unici detentori della giusta via politica postcoloniale dei Paesi africani.”

Marco Corazziari

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